Cari lettori, passate le vacanze natalizie eccomi nuovamente a condividere con voi alcune considerazioni.
Nel mio ultimo articolo ho ricordato lo scrittore israeliano Amos Oz, scomparso a fine dicembre: per me un maestro, un faro, un punto di riferimento per il mio lavoro di scrittrice e non solo.
Voglio dedicare questo mio primo articolo del 2019 a una riflessione sulla narrativa partendo proprio da alcune parole della figlia, Fania Oz.
Mio padre ha insistito fino alla fine, fin verso la fine , che uomini e donne diventano più buoni con il passar del tempo, più complessi e più buoni, grazie al contatto con il prossimo, e con il dolore del prossimo, per quanto lontano e straniero, attraverso la capacità di raccontare storie e di ascoltare storie, che ci permette di immedesimarci per un breve istante nell’umanità estranea di personaggi lontani e sconosciuti.
Il potere della narrativa è proprio questo: permette a chi ascolta storie e a chi le racconta di vestire i panni di un altro, di entrare nel suo animo.
Questo non comporta necessariamente un’adesione al pensiero del personaggio che abbiamo davanti; entrare nella mente e nel cuore di qualcuno che definiamo terrorista non significa essere terroristi nè condividerne il pensiero, ma ci costringe a sentire la sua gamma di emozioni e ad ammettere, seppur a denti stretti, che nessuno di noi è immune da certe derive perchè l’essere umano è un universo privo di confini definiti.
Un detto dice: per capire qualcuno devi provare a camminare un miglio nelle sue scarpe.
La narrativa è una camminata metaforica nelle scarpe di un altro.
Detto in termini più sofisticati, è uno strumento che ci aiuta a sviluppare l’empatia, capacità di cui la nostra società lamenta la carenza.
Sentire l’altro, farci trascinare nel suo mondo, nelle sue angosce, nelle sue gioie.
Un romanzo, un diario o un racconto avvolgono, travolgono, trasportano, sono modi di viaggiare senza pagare il biglietto: viaggiare in un luogo, in un periodo storico, ma soprattutto nell’animo umano.
Sia essa filmica, orale o scritta la narrativa è una porta sull’animo.
Senza non potrei sentire in profondità i miei simili nè farmi sentire da loro; in ciò che scrive ogni scrittore svela una parte di sè che non sempre è autobiografica, ma che sempre richiama un modo di essere talvolta oscurato dalla quotidianità.
Raccontare e ascoltare storie è uno dei modi migliori per rimanere esseri umani pensanti in ascolto dell’altro e anche di se stessi.
In ogni storia il lettore cerca se stesso e cambia in virtù dell’incontro con l’altro.
Quando ci accingiamo a leggere, portiamo con noi il nostro bagaglio umano e di vita che diventa parte del nostro modo di sentire la storia.
La saggistica aiuta a fare focus su un argomento, a comprenderlo a livello razionale e cognitivo, ma per sentire un argomento abbiamo bisogno di leggere la storia di qualcuno.
La narrativa ci dona l’empatia e da essa non possiamo prescindere se vogliamo crescere. E’ un modo per restare vigili soprattutto in tempi così faticosi come quelli che stiamo vivendo.
Non leggere narrativa inaridisce, allontana dall’altro e spegne la fantasia, quel carburante che alimenta il cuore.
Ci illudiamo di poter vivere di sola ragione, di sciogliere i nodi della nostra esistenza solo con la ratio, ma la vita è molto più complessa e necessita di tenerezza, sentimento e anche di farci canalizzare alcune emozioni.
La lettura di storie è terapeutica e catartica: lo sapevano bene i greci quando mettevano in scena L’Edipo re.
L’invito che estendo a leggere o ascoltare storie è innanzitutto un invito alla vita perchè non c’è come immergersi nell’esistenza di qualcuno che non conosciamo per cominciare a riflettere e magari a sospendere i soliti giudizi per fare spazio alla complessità e alla bellezza del mondo.
Concludo riportando alcune parole di un altro grande scrittore, Philip Roth:
Possiamo anche non sapere di avere uno spettro di sentimenti e di reazioni così ampio finchè non vi entriamo in contatto grazie all’operato della narrativa.
Leggere narrativa per conoscere l’altro e anche per conoscere più in profondità noi stessi.