DON CAMILLO DELLA BASSA di Giovannino Guareschi, edizioni BUR

Recensire Guareschi è un’operazione azzardata. Non parlarne è però un delitto, almeno per una letterata che ha consacrato la sua vita alla scrittura.

Guareschi è, a mio avviso, uno dei più grandi maestri che il panorama italiano contemporaneo ci abbia regalato.

Quella che andrò a scrivere, più che una recensione, sarà una riflessione su uno scrittore che non ha vinto premi particolari e che viene per lo più ricordato per i personaggi di Don Camillo e Peppone immortalati da Fernandel e Gino Cervi. Un autore poco celebrato che, a mio avviso, andrebbe introdotto come lettura obbligatoria nelle scuole per insegnare a scrivere e a raccontare una storia.

Sebbene sia cresciuta a “pane e don Camillo” proprio grazie ai film, ho scoperto Guareschi solo in età adulta e recentemente gli ho reso omaggio con una visita presso la tomba a Roncole, località vicino a Busseto (Parma).

Don Camillo della Bassa è quindi solo un’occasione per parlare dello scrittore parmense.

I suoi Don Camillo sono bozzetti narrativi ambientati in un piccolo paese in riva al fiume Po non meglio identificato che i film hanno poi voluto essere Brescello, tuttora riconosciuto come il paese di don Camillo e Peppone.

La storia è nota: Peppone, il sindaco comunista del paesello, è in perenne lotta ideologica e fisica col parroco, don Camillo, un uomo che, con una panca in mano, non era più un uomo, era l’invasione dei Visigoti. I due, con battute sferzanti e numerosi dispetti, si fanno da sempre la guerra, una lotta fatta di colpi talvolta anche bassi dove però l’altro non viene mai percepito come nemico, bensì come avversario perché l’amicizia ha sempre la meglio. Un insegnamento di scottante attualità, soprattutto per la politica.

Guareschi dipinge lo spaccato storico e sociale di un’Italia che non c’è più, un’Italia in bianco e nero, rurale, l’Italia del dopoguerra che prova a farcela. La fame, il dolore, la rivalsa sociale sono tutti elementi che l’autore riesce a rendere nelle storie del Mondo Piccolo. Racconta in maniera semplice –alla portata di tutti- una fetta di Storia lasciandoci una testimonianza di un mondo che ha ancora molto da darci e dirci in quanto a saggezza e capacità di vivere.

Per dirla con una frase, Guareschi riesce a raccontare la provincia in maniera non provinciale.

La sua grandezza è in primis nel linguaggio: pulito, preciso, immediato e icastico, capace di creare uno stile veloce e al contempo incisivo. Con poche parole –tratte dal lessico locale ma capaci di assumere carattere universale- dipinge immagini, personaggi e situazioni di grande poesia e realismo narrativo. Raramente ho letto testi capaci di commuovere e far ridere fino alle lacrime come i suoi che, in poche battute, riescono a passare dal drammatico all’ironico.

Un mondo che, proprio perché provinciale, non manca mai di abbassarsi ai livelli del pettegolezzo reso con immagini come La bocca di una vecchia è un mulino a vento. Un mondo che però non manca di saggezza e che tenta, pur a fatica, di abbracciare l’onestà come valore Figliolo, hai ragione: si vive una volta sola, però non è detto che si debba viverla da mascalzoni.

D’incomparabile forza il Gesù che chiacchiera con don Camillo, un Gesù umano, in cui la comprensione e la misericordia non mettono da parte la capacità di redarguire il parroco-panzer che spesso vorrebbe mettersi al posto del Padre Eterno. La saggezza delle parole del Cristo dell’altar maggiore è un filo conduttore della narrazione e aiuta il lettore a entrare in sintonia con quella realtà ricavandone un insegnamento universale come nell’episodio Le due strade dove il Cristo dice:

Se tu sei l’uomo affacciato alla finestra, fai ciò che ti suggerisce la tua coscienza. Alla fine io ti saprò dire se sei giusto o no.

Una piccola summa teologica dove emerge la capacità di D-o di concedere il libero arbitrio vigilando costantemente sull’operato umano. Un messaggio di presenza del divino che rimarca la forza della fede, elemento costante della realtà che Guareschi racconta, forza di un mondo che non c’è più o che forse in parte c’è ancora sebbene sia più mascherato e defilato.

E se il Cristo dell’altar maggiore talvolta sospira un C’è sempre posto per un nuovo odio nel cuore dell’uomo, quello stesso Cristo è poi capace di dare speranza e forza al suo umile parroco verso cui ha sempre un sorriso che non nasconde l’ilarità di D-o verso l’umanità in continua lotta ma capace, su quella riva del Po, di mostrare solidarietà nei momenti più delicati della vita.

Oggi spesso si lamenta l’eccesso di offerta narrativa nelle librerie e ci si perde di fronte alla vastità della scelta. Molti sono gli autori e i libri che meritano attenzione, a molti dedico tempo, ma Guareschi occupa un posto particolare nella mia anima, sia perché tocca corde emotive importanti, sia perchè è un mentore per la scrittura.

Scrivere queste poche righe è il minimo che possa fare perché altri conoscano un grande della letteratura italiana contemporanea che ha fatto della scrittura una piccola opera d’arte.

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